Il monastero delle Clarisse e la chiesa di S.Maria delle Grazie

La chiesa annessa al convento fu dedicata a S.Maria delle Grazie. Qui sono stati scoperti alla fine degli anni Novanta del secolo scorso, in seguito a lavori di restauro, alcuni affreschi databili alla prima metà del XVI secolo

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Descrizione

Nel 1560 Giulia Acquaviva, moglie di Pier Bertoldo Farnese, fece edificare a sue spese una chiesa con annesso convento dedicata a San Rocco. Dopo soli 57 anni Mario Farnese, figlio di Pier Bertoldo, chiese ai frati che vi risiedevano di utilizzare il convento e la chiesa per metterlo a disposizione della figlia suor Maria Francesca, monaca dell’ordine di Santa Chiara nel convento di S.Lorenzo in Panisperna a Roma. Il duca si impegnava con i frati a costruire per loro un altro convento. Il 26 agosto del 1617 un Breve Apostolico confermava la richiesta. I lavori di trasformazione dell’edificio per accogliere le monache durarono alcuni mesi; il 9 maggio 1618 le clarisse poterono prendere possesso della nuova dimora. Sappiamo che alla cerimonia di insediamento prese parte lo stesso vescovo di Castro e che si svolse una solenne processione per le strade del paese. Fu nominata badessa suor Violante Farnese, sorella di Mario; la nipote del duca, Virginia degli Atti, fu eletta suora vicaria e suor Maria Francesca, giunta al convento insieme alla sorella suor Isabella, divenne Maestra delle Novizie. Nel convento, inoltre, dimoravano 12 zitelle secolari, sotto la rigida regola di Santa Chiara. Suor Maria Francesca, morta in odore di santità, fondò in seguito i conventi di Palestrina, di Albano e della SS.Concezione a Roma.
La chiesa annessa al convento fu dedicata a S.Maria delle Grazie. Qui sono stati scoperti alla fine degli anni Novanta del secolo scorso, in seguito a lavori di restauro, alcuni affreschi databili alla prima metà del XVI secolo e attribuiti forse a un Mastro Nicola, pittore del quale è documentata la presenza a Farnese almeno nel 1536. Uno di questi raffigura il matrimonio di Galeazzo Farnese e Isabella degli Anguillara, avvenuto negli anni tra il 1514 e il 1518. Tra i vari personaggi raffigurati che partecipano alla cerimonia, probabilmente membri delle due nobili famiglie non ben identificabili, si evidenzia la figura del celebrante, nel quale è da riconoscere il cardinale Alessandro Farnese, prima di essere eletto papa con il nome di Paolo III.
Al di sopra della scena è dipinto lo stemma bipartito della famiglia Farnese con i sei gigli e quello degli Anguillara, caratterizzato da due anguille incrociate. Lo stesso stemma è presente su un piatto, ora conservato nel museo civico, realizzato per il servizio di questo matrimonio. Di fronte a questo affresco, è rappresentata la Visitazione della Madonna a S.Elisabetta. E’ interessante notare l’ambientazione dell’episodio, che si svolge nei pressi di una porta su cui sono delle abitazioni. E’ molto probabile che si tratti della Porta d’ingresso all’abitato di Farnese, vista dalla parte interna, con le soprastanti strutture della Rocca, prima del rifacimento seicentesco realizzato dall’architetto Smeraldi. Sulla destra della porta si vede solo un paesaggio sullo sfondo, in quanto il viadotto che dal palazzo Farnese conduceva ai giardini della Selva non era ancora stato edificato. Questo porterebbe a datare gli affreschi intorno alla metà del XVI secolo, quando il convento e la chiesa erano ancora occupati dai frati Minori di San Rocco (il tema della Visitazione è infatti un episodio evangelico fortemente legato all’ambito francescano).
Altri pregevoli dipinti qui conservati sono una pala d’altare del pittore romano Agostino Masucci del 1750, raffigurante la Crocifissione, e il Ritorno di Mario Farnese dalla guerra di Ferrara, opera di Antonio Maria Panico, databile negli ultimi anni del XVI secolo. Come è stato accennato prima, questo dipinto insieme agli affreschi che decorano la chiesetta di S.Anna, presenta interessanti significati ermetici legati alla scienza alchemica. La raffigurazione è divisa in tre registri: in alto il Padre Eterno benedicente circondato da angeli, di cui i due ai lati estremi suonano un liuto e una viola. Al centro è l’Immacolata con la testa coronata da dodici stelle, che poggia su una falce di luna sopra le nuvole; ai suoi lati due angeli riccamente vestiti; sopra le nuvole campeggiano il sole e la luna. Nello spazio inferiore del quadro, con una netta divisione tra spazio celeste e quello terreno, è raffigurato al centro Mario Farnese che in abiti alquanto dimessi e con uno zaino sulle spalle ritorna dalla guerra di Ferrara (1598), e viene accolto da una donna anziana con il capo velato, forse la madre. Nel lato destro della scena compare Camilla Lupi, moglie di Mario, con la piccola figlia Isabella. Le due donne sono accompagnate da un gruppo di dame di compagnia. Sulla sinistra è un gruppo di figure maschili elegantemente vestite con gorgiera, forse membri della corte Farnese. Sullo sfondo è un paesaggio di città cinta da mura, con torri, campanili e un giardino recintato, un tempietto circolare e una fontana poligonale. E’ inoltre raffigurata l’Idra a sette teste e un cespo di gigli bianchi e rose rosse entro uno scudo. Tutti questi elementi sono chiari simboli che rimandano all’esoterismo ermetico: le sette teste dell’Idra rappresentano le varie fasi dell’opera alchemica, il giardino è l’hortus conclusus degli alchimisti, il cui accesso è precluso ai non iniziati, mentre altri simboli alchemici si possono ravvisare nella fontana, nelle torri (l’athanor, cioè il forno dell’alchimista), e nelle ali degli angeli, raffigurate come code di pavone, richiamando il principio alchimistico della cauda pavonis, cioè la sublimazione, meta del ciclo. Tutte queste figure simboliche compaiono anche nell’apparato decorativo della chiesetta di S.Anna (la torre, il giardino recintato, etc.), anch’esso espressione della cultura ermetica della nobile famiglia.

(I testi sono stati elaborati dal Dott. Luciano Frazzoni direttore del Museo di Farnese)

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Pagina aggiornata il 05/07/2024