Il problema dell’approvvigionamento idrico per gli abitanti di Farnese fu molto sentito nel corso dei secoli. In località La Galeazza, su un’altura situata a circa 150 metri ad est dell’abitato di Farnese, si trova una conduttura scavata nel tufo, realizzata sotto il signore Fabio Farnese tra gli anni 1567 e 1570, che doveva portare l’acqua da una sorgente in località “Nempe”, distante circa un chilometro da Farnese, fino al Bottino, per soddisfare le esigenze della popolazione, che fino ad allora era costretta a percorrere ogni giorno diversi chilometri per fare rifornimento di acqua e per lavare la biancheria. Infatti, fino ad allora le fonti d’acqua si trovavano presso il fiume Olpeta, distanti molti chilometri dal paese. Questa impresa, benché realizzata in poco tempo, si rivelò però insufficiente per i bisogni della popolazione, anche in vista di una crescita economica che poteva derivare dallo sfruttamento dell’acqua per l’impianto di manifatture “industriali” quali cartiere, impianti per la lavorazione della lana, del lino e della canapa, che necessitavano di macchine per la follatura dei tessuti di lana e per la concia delle pelli, come le gualchiere.
Un ulteriore tentativo per portare un maggiore flusso d’acqua a Farnese fu realizzato sotto il ducato di Mario Farnese, quando si intrapresero i lavori (1618) per la realizzazione di un vero e proprio acquedotto che doveva portare l’acqua dalla sorgente di San Martino, oggi chiamata “La Botte”, a circa 4 chilometri dal paese. Qui sono ancora visibili i resti di una fornace per la realizzazione di mattoni e pianelle, risalente ad epoca rinascimentale, che sfruttava appunto la presenza d’acqua per la lavorazione dell’argilla. Dopo tre anni di lavoro, il progetto fu abbandonato, sia per gli enormi costi, che condussero Mario Farnese quasi sull’orlo del fallimento - anche se in gran parte le spese furono sostenute dalla Comunità di Farnese - sia per errori nel calcolo delle pendenze.
Nella già citata località “La Galeazza”, Mario Farnese, sfruttando gli impianti idrici esistenti, fece impiantare dei giardini all’italiana, attualmente perduti, animati da fontane scavate nel tufo e rivoli d’acqua che tramite terrazzamenti, arrivavano fino al Bottino con effetti scenografici amplificati dalla presenza di sculture raffiguranti personificazioni mitologiche legate all’“Acqua” e all’elemento silvestre.
Con la morte di Mario nel 1619, finiva il periodo più florido per Farnese, e svanivano le speranze per una ripresa economica. Bisognerà aspettare più di due secoli per vedere avverato il sogno del duca di condurre abbondante acqua a Farnese. Tra il 1886 e il 1887 fu infatti realizzato l’acquedotto che dalla Botte porta tuttora l’acqua al paese, su progetto dell’ingegnere Cesare Tuccimei, e fu costruita la fontana di mostra monumentale, sempre su disegno del Tuccimei, di fianco al palazzo del Municipio. Sul retro della fontana si trova la cisterna, un grande ambiente con volte a crociera, ora restaurato dal Comune e adibito a spazio espositivo per mostre.
Tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo, dopo la realizzazione dell’acquedotto furono realizzate altre opere che contribuirono allo sviluppo del paese; tra queste il mulino in località San Magno e il lavatoio pubblico del Bottino, in uso fino a pochi anni fa e ora adibito a sede della Riserva Naturale Selva del Lamone. Fu inoltre sistemata la piazza davanti a palazzo Chigi, oltre le arcate del viadotto farnesiano, dove fu costruita nel 1937 la fontana che oggi si trova nell’area adibita a giardino pubblico.
(I testi sono stati elaborati dal Dott. Luciano Frazzoni direttore del Museo di Farnese)